Il trionfo dell’avventura

Redazione Il Libraio | 03.08.2005

Incontro con Wilbur Smith autore di Il trionfo del sole ISBN:8830420956


Wilbur Smith, maestro incontrastato dell’avventura e frequentatore assiduo delle classifiche dei bestseller, ha scelto anche quest’anno l’Italia per presentare, in anteprima assoluta, il suo nuovo romanzo Il trionfo del sole. Come d’abitudine, è la “sua” Africa la grande protagonista della narrazione, una terra splendida e selvaggia che costituisce lo scenario ideale per le avventure più ardite e le passioni più travolgenti. Battaglie e tradimenti, storie d’amore e crimini efferati s’intrecciano nelle vaste distese desertiche spazzate dal vento e cotte dal sole. Smith ci trasporta nel Sudan Egiziano di fine ‘800 tra i palazzi e le casupole di Khartum, la Città della Proboscide, posta alla confluenza del Nilo Bianco con il Nilo Azzurro. A Khartum le sparute truppe britanniche, capeggiate dal generale Gordon, sono chiamate a un compito quasi proibitivo: difendere i presidi britannici dal feroce assalto delle tribù locali. Leader della rivolta è il temibile “Mahdi”, Colui che è guidato da Allah, paladino dell’Islam nella lotta contro i bianchi usurpatori. Nella città cinta d’assedio i destini del generale Gordon, del console Benbrook e delle sue tre giovani figlie, s’incroceranno con quelli di due intrepidi eroi: il mercante Ryder Courteney e il capitano Penrod Ballantyne. Abbiamo rivolto a Wilbur Smith alcune domande sul nuovo libro.

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D. Nel Trionfo del sole si assiste alla fusione dei suoi due principali cicli narrativi, quello sudafricano dei Courteney e quello rhodesiano dei Ballantyne. Come nasce l’idea di servirsi dei discendenti delle due famiglie come coprotagonisti all’interno di uno stesso libro?

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R. Le mie storie – per quanto possa sembrare strano dirlo – sono dettate dai personaggi stessi. Non ho idee precostituite, non conosco in anticipo che cosa racconterò ai miei lettori, perciò non sapevo neppure io che queste grandi famiglie si sarebbero un giorno incontrate. È avvenuto tutto in modo spontaneo, naturale. È di fondamentale importanza per la buona riuscita di un libro che le azioni e i comportamenti dei miei personaggi siano autentici. Lascio quindi che sia la logica evoluzione delle storie a guidarmi. Seguendo questo principio, mi sono ritrovato a un certo punto a dover narrare dell’incontro fra un Courteney e un Ballantyne soltanto perché le loro strade si sono incrociate nello stesso tempo e nello stesso luogo: a Khartum nel 1884.

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D. La guerra santa è il tema principale. Pur essendo trascorso oltre un secolo dagli avvenimenti narrati, la Jihad islamica continua a essere un argomento di scottante attualità. Mi chiedo se i conflitti che infiammano l’odierno scenario internazionale abbiano influito sulla stesura del Trionfo del sole.

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R. La storia è sempre la radice, la causa prima degli eventi del presente. Non si può capire quello che succede oggi se non si considerano attentamente i precedenti storici. È nel passato che si trovano spesso le risposte; perciò chi non s’interessa di storia, non può comprendere a fondo la politica, l’attualità, forse nemmeno se stesso. Ritengo che la vicenda dell’assedio di Khartum sia già molto interessante di per sé. Gli avvenimenti recenti la rendono però ancora più interessante.

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D. È possibile istituire un paragone fra la figura del Mahdi e Bin Laden?

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R. Penso che siano fatti dello stesso stampo. Le differenze sono minime. È del tutto trascurabile il fatto che siano appartenuti a epoche diverse, se si considera la matrice comune del fanatismo. È il fanatismo il male intrinseco da cui hanno origine gli errori più gravi: le persone sono portate a credere nella propria infallibilità assoluta e questa convinzione li rende estremamente pericolosi. Credo invece che i veri grandi leader siano forti sì, ma abbiano anche una buona dose d’umiltà e una capacità di mettersi in discussione del tutto assente nelle figure di cui stiamo parlando.

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D. Nel suo romanzo s’intrecciano storia e fiction. I personaggi di fantasia si muovono infatti all’interno di eventi storici reali – come la battaglia di Khartum – e interagiscono con personaggi realmente esistiti. In quale misura Il trionfo del sole ricostruisce fedelmente la guerra nel Sudan Egiziano e a quali fonti ha attinto per delineare le figure del generale Gordon e del Mahdi?

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R. I miei romanzi sono sempre una miscela di storia e fantasia. Mi capita a volte di descrivermi come uno chef che prepara una omelette. Prima separo il tuorlo dall’albume e poi provvedo a sbatterli e a cuocere bianco e rosso assieme. A quel punto è impossibile distinguere qual è l’uno e qual è l’altro. Più sono mescolati, meglio è. E questo vale anche per le mie storie. Quanto alle fonti, mi sono servito delle opere di autori che hanno vissuto quegli eventi. Il testo più prezioso per la caratterizzazione del Mahdi è stato il libro di uno scrittore austriaco, Rudolf Slatin, un’autentica miniera d’oro di aneddoti e informazioni di prima mano. Slatin ha avuto la ventura di essere catturato dal Mahdi e di subire tremende umiliazioni e angherie. Nei sette anni di prigionia a Khartum, è stato sovente vicino al leader islamico e al califfo che gli è succeduto. Slatin ha osservato tutto e ha fatto poi tesoro di quell’esperienza, ripercorrendone per iscritto le tappe più significative. Leggendo la sua opera, ho appreso dell’ossessione del Mahdi per il profumo, della sua fessura tra i denti interpretata come un segno di predestinazione divina, delle atrocità che commetteva e delle piccole gentilezze di cui era capace. Anche per la figura del generale Gordon ho potuto contare su un buon numero di testi: essendo stato uno dei personaggi preminenti dell’Inghilterra vittoriana, c’è moltissima letteratura che lo riguarda.

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D. I suoi romanzi abbracciano un ampio lasso di tempo. Lei passa con disinvoltura dalle epoche più remote fino ai giorni nostri. In questo viaggio attraverso i secoli il suo stile rimane inalterato o subisce modifiche a seconda del periodo storico affrontato?

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R. Non penso mai in modo conscio alle questioni stilistiche. Vi sono però storie che richiedono speciali accorgimenti. Prendiamo ad esempio Il dio del fiume. Quel romanzo è stato scritto in un determinato modo perché i suoi personaggi sono antichi. Il protagonista, lo schiavo eunuco Taita, aveva un modo di esprimersi e di pensare molto diverso da quello di Ryder Courteney o di Penrod Ballantyne. Scrivere romanzi con un’ambientazione storica non significa soltanto evitare di menzionare il motore a combustione interna, ma significa soprattutto immedesimarsi e calarsi nella mentalità del tempo. Nel Trionfo del sole trovano espressione idee che fanno a pugni con la sensibilità moderna. Era normale per i britannici dell’epoca ingaggiare una guerra, impossessarsi di una terra e governare la popolazione colonizzata. I concetti di diritti umani, autodeterminazione o Nazioni Unite non esistevano.

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D. Qual è lo stato di salute del romanzo d’avventura oggi?

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R. Ci sono molti bravi autori in giro, basti pensare a Bernard Cornwell, i cui libri contengono tutti gli elementi che apprezzo in un buon romanzo: la precisione storica, il ritmo veloce, l’intensità della narrazione. Il mio genere prediletto gode di ottima salute perché la vita stessa è un’avventura. Credo che le grandi storie d’amore e d’avventura accenderanno sempre gli animi dei lettori.

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Intervista a cura di Marco Marangon

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Fonte: www.illibraio.it

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