“Il senso del Divino va oltre la natura”: Folco Terzani e il suo nuovo libro

Redazione Il Libraio | 09.11.2017

Folco Terzani parla con ilLibraio.it del suo nuovo libro, "Il cane, il lupo e Dio", storia sulla natura, l'amicizia e il senso del divino, illustrata da Nicola Magrin - L'intervista


Dopo che ne La fine è il mio inizio (Longanesi, 2006), Folco Terzani, classe ’69, ha raccolto le sue ultime conversazioni con il padre Tiziano (a partire dalle quali ha poi scritto la sceneggiatura dell’omonimo film con Bruno Ganz ed Elio Germano), è tornato in libreria con A piedi nudi sulla terra (Mondadori) e Ultra (Sperling & Kupfer, con Michele Graglia). Ora Longanesi propone la sua ultima opera, Il cane, il lupo e Dio, illustrata da Nicola Magrin.

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Il cane, il lupo e Dio è una storia sulla natura, l’amicizia e il senso del divino. Nel libro il Cane, da sempre abituato alle comodità e sicurezze della vita domestica, si ritrova improvvisamente abbandonato per strada, convinto che senza il suo amato padrone non riuscirà a sopravvivere. Appare allora un Lupo misterioso che lo condurrà alla scoperta della natura selvaggia che la città nasconde e proibisce. Comincia così un lungo pellegrinaggio, un viaggio iniziatico verso nord in compagnia di un branco di lupi, attraverso grotte, cascate, boschi, monti e tempeste di fulmini. Per sopravvivere, il Cane imparerà suo malgrado a cacciare e sarà costretto ad affrontare moltissimi pericoli, sino all’arrivo alla bianchissima Montagna della Luna dove, immerso nella luce accecante dei ghiacciai, dovrà finalmente confrontarsi con la domanda più grande di tutte…

Folco Terzani, quali messaggi vorrebbe far passare con questa storia in cui la natura è assoluta protagonista?
“Vorrei ritornare a pensare e a far avvertire un senso del Divino, che è qualcosa che va oltre la natura in realtà”.

In che senso?
“Si pensa alla natura riferendosi solo alle manifestazioni degli alberi, dei boschi, dei fiumi e degli animali; ma il Divino è qualcosa di più grande, qualcosa che sembra esterno alle città, ma che invece le contiene. Il Divino è qualcosa che sta sia fuori sia dentro di noi, nell’anima. Con il mio libro vorrei ripensare a questi aspetti, perché mi sembra che nel mondo di oggi, con le tantissime opzioni e le informazioni a cui possiamo accedere attraverso internet, abbiamo perso il senso della cosa più grande di tutte. Non ci pensiamo più”.

Con quali conseguenze?
“Penso ad esempio al becchettarsi tra le religioni, a causa delle loro diverse manifestazioni culturali: ha dato fastidio alle nostre generazioni, facendoci dimenticare il primordiale, essenziale senso di meraviglia di fronte al creato… la bellezza dell’esistere. Questo è un grande peccato, specialmente per i bambini, che devono tornare a sentire quella meraviglia di essere vivi su questa terra! Con questo libro volevo tornare proprio al semplice e umile senso di meraviglia dell’esserci”.

Folco Terzani - foto di Javiera Estrada

Folco Terzani – foto di Javiera Estrada

Quanti e quali dei suoi viaggi hanno influenzato questo libro?
“La verità è che tutto questo libro viene dai miei viaggi: ho cercato in me e per questo ci ho messo più di dieci anni; volevo dire tutto in meno di cento pagine e, così nel libro ci sono frasi che vengono da ogni esperienza: è davvero il risultato di tutti i miei viaggi. Ne Il Cane, il Lupo e Dio c’è sicuramente Madre Teresa, ci sono i tibetani e gli asceti indiani, c’è il mio babbo, c’è l’Himalaya, c’è il senso di meraviglia in assoluto più forte di tutti di fronte alla natura, che ho avuto in Amazzonia. Le frasi più belle che mi sono portato dietro”.

E poi ci sono le montagne…
“Sì, la Montagna della Luna e quelle enormi montagne bianche di cui racconto nel libro sono proprio l’Himalaya. Allo stesso tempo, tutta la storia si svolge in un luogo indefinito, i protagonisti non sono in nessun paese o continente, è un luogo che non esiste, inventato. Mia mamma, quando ha letto il manoscritto, lo ha definito quasi un’autobiografia, ed è singolare, visto che parla di cani e lupi!”.

Come spiegava prima, non è un caso che abbia lavorato per dieci anni a questo progetto…
“È vero, tanto che il povero Nicola Magrin, con cui da tempo ne parlavamo, si era quasi convinto che non si sarebbe mai realizzato. Scrivevo e mi fermavo, sembrava davvero difficile. Ho scritto tutto su dei quadernini, ne conservo tantissimi”.

A proposito delle poetiche illustrazioni di Nicola Magrin, che ruolo svolgono?
“Nicola è stato bravissimo, le sue illustrazioni ritraggono un paesaggio dell’anima più che una realtà esterna. Contengono un mistero, non solo i dettagli degli animali; il lupo in copertina ti guarda ma non ha occhi, eppure senti addosso il suo sguardo”.

Dunque il contributo di Magrin è stato importante.
“Sì, perché le due parti, i quadri e la scrittura, si integrano perfettamente. Non credo ci fosse persona al mondo più adatta di Nicola per queste illustrazioni. Ne parliamo da così tanto… e abbiamo addirittura fatto un viaggio insieme in India per captare alcune atmosfere mistiche, e lui mentre era lì ha realizzato quadri bellissimi. Poi tutto è cambiato e il libro è diventato una storia di cani e lupi. Ma per capire le atmosfere, a volte bisogna arrivare a questi livelli. Quando Nicola ha iniziato a lavorare ai quadri per il libro ero entusiasta, erano esattamente la stessa storia, lui ha un modo di dipingere molto intuitivo. Leggeva appena il testo e creava immagini, ed erano perfette, a volte avevo addirittura le lacrime agli occhi, non potevo credere che mi avesse capito così profondamente. Va anche detto che Nicola era l’artista ideale, in quanto esperto nei dipinti di montagne e lupi”.

Cosa pensa del crescente interesse dei lettori per i libri che raccontano la natura, e la montagna in particolare?
“Deve essere una reazione al fatto che in questo momento vivere la città sembra sempre più difficile. Forse le città non funzionano come una volta, sono diventate troppo grandi e non a misura d’uomo”.

Con quali effetti?
“Cominciamo a sentirci ingranaggi di una grande macchina e non più umani, stiamo diventando sempre più simili ai polli che alleviamo e poi mangiamo! In città tutti hanno le loro gabbiette piccole e si devono muovere a certi ritmi. Questo disagio si manifesta con un interesse a uscire, che mettiamo in pratica con la mente prima del corpo…”.

Come?
“Iniziamo a guardare verso le montagne e prima ancora ai libri sulle montagne, sentiamo il desiderio di vedere quello che c’è fuori, un altro modo di vivere possibile. Le montagne stanno dunque tornando anche come simbolo, perché sono sempre state il luogo dove l’uomo va a parlare con Dio. Bisogna avere il coraggio di rifarlo, avere l’audacia e l’umiltà di agire senza tornare sempre a spulciare gli antichi libri e cercare le risposte lì, perché noi uomini, come parte del creato, dobbiamo poter andare in montagna a parlare e ascoltare al cielo. Le montagne sono il luogo naturale dove provare a riconnettersi con ciò che è molto più alto e più grande di noi”.

Nel libro l’assoluto protagonista è il Divino…
“Che va oltre la natura. Il divino è presente in tutto e non si esprime attraverso simboli culturali, umani o attaverso i libri. Qui siamo in un mondo di animali ancor più primitivo. Perché la scrittura più antica è la natura stessa, e gli animali di questa storia vi si aggirano, e guardandola scoprono il senso del Divino. Ma un altro elemento importante nel libro è il contrasto tra natura e città, che è un posto dove gli uomini dominano e si sentono i più forti e potenti, infatti lo ‘stupido cane’ si sente totalmente sottomesso da loro, li vede come dei e che gli danno da mangiare. Gli uomini, nel frattempo, non riescono a vedere che c’è qualcosa più grande di loro; la città è come un labirinto di specchi in cui l’uomo vede solo se stesso, tanto che non vede più neanche il cielo, così coperto dalle luci. Allora il cane deve uscire dalla città, viene abbandonato e viene portato dal lupo nel bosco, dove pian piano riesce a riconoscere un meccanismo diverso da quello degli uomini. Quando torna in città, a metà del libro, non vede più gli uomini come dei, perché ha scoperto qualcosa più grande di loro. Ha compreso che chi lo nutre non è l’uomo, ma è altro. Questa realizzazione è l’aspetto più importante, è un elemento di cui il libro è impregnato”.

Quali libri in cui la natura è protagonista ha amato?
“Può sembrare sorprendente, ma ho un riferimento determinante, che per molto tempo è stato la mia stella polare: si tratta dei Fioretti di San Francesco. Non è un libro sulla natura, ma nella sua semplicità è molto di più. Uno dei fioretti più belli è quello di Francesco con il lupo di Gubbio, che è sempre il simbolo di qualcosa di cui abbiamo paura; eppure, dopo che ti ci sei riconciliato, è meraviglioso. Quel libro veniva letto da tutti, oggi invece è trascurato, eppure ha una bellezza incredibile”.

E se dovesse citare anche altri libri?
“Se devo pensare ai libri del passato, mi piace moltissimo anche come autore Esopo, oppure Il libro della giungla di Kipling, che è un vero capolavoro. Molti lo conoscono per il cartone animato, che è fantastico, ma godrebbero sicuramente anche leggendo il libro che l’ha ispirato, tanto che Kipling ha vinto il premio Nobel. Ho poi un altro importante riferimento letterario…”.

Quale?
“Il Pañcatantra, un’antica collezione di storie indiane; è un testo scritto in sanscrito. Da noi è poco conosciuto, ma si pensa che tutte le fiabe occidentali sugli animali abbiano origine in questa raccolta. Immagino che anche Kipling conoscesse questo testo. E tra i tanti libri che mi hanno ispirato c’è sicuramente Il richiamo della foresta, un bellissimo romanzo su un lupo-cane, oppure Into the wild, per citare un libro più recente”.

Ci sono anche testi scientifici a cui ha fatto riferimento?
“Sì, sui lupi. Considero la scienza la grande forza del nostro presente, quindi leggo moltissimi saggi scientifici. Ad esempio, c’è un ragazzo italiano, Bruno D’Amicis, che ha scritto Tempo da lupi e che ne è un vero esperto. Il suo libro è meraviglioso, con bellissime foto, tanto che l’ho voluto conoscere. Siamo diventati amici. Lui ha passato molto tempo seguendo i lupi, fotografandoli e studiandoli. Ho cercato di inserire queste informazioni scientifiche nel libro, e svariate volte ho chiamato D’Amicis per controllare se i comportamenti che davo ai lupi fossero plausibili. Ci tenevo molto che il libro fosse una fiaba, ma che allo stesso tempo fosse credibile”.

Concluda con un esempio a questo proposito.
“Il rapporto tra lupi e corvi è assolutamente vero: i lupi lavorano insieme ai corvi, che li aiutano a trovare le prede in cambio di cibo. Si tratta di un’amicizia simbiotica, anzi, era un triangolo di amicizia con gli uomini, che oggi appare strano. L’uomo ora è amico del cane e non del lupo, ma questa relazione esiste veramente e non l’ho inventata”.

 

Fonte: www.illibraio.it

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